domenica 27 maggio 2012

Sfiorando la tua bellezza.


L'arenile bisbigliava silenzio in quel canto di maggio che prendeva forma tra le luci del primo mattino. Era domenica, il traffico era scarso come sempre. Qualche turista si affrettava a cercare posteggio lungo l'ampia strada affacciata sul mare. Benché il cielo non promettesse nulla di buono, il calore di fine maggio si faceva già sentire, anche per via della forte umidità dovuta alla recenti piogge.
Stavo camminando con lo sguardo proteso verso l'orizzonte, i pensieri in tasca, la musica nelle orecchie, e un ciondolo d'idee appeso alle speranza del giorno, quando una ragazza stupenda come la poesia dell'alba, sfiorò la mia presenza, facendomi uscire da quel torpore nel quale stavo precipitando.
Il suo sguardo innocente rincorreva i sorrisi, quelli che avevo perso lungo i sentieri dell'infanzia, in quelle vie profumate di scuola, dove tutto sapeva d'attesa, e anche un abbraccio si vestiva d'amore.
Mentre correva verso la battigia, si levò le scarpe, la sabbia già tiepida dal giorno,  sembrava amoreggiare col candore della sua pelle di latte. Inseguivo la sua bellezza, come un bimbo che rincorre un aquilone nel grembo della vita. Sapevo che non avrei mai comunicato con lei, ma il solo ammirarla mi faceva stare bene, ero stregato dalla sua freschezza, dal pulsante battito di un cuore che sembrava sfuggire alla gravità del suo tormento.
I piedi di una donna sono vera poesia, me lo ripetevo in quegli attimi, mentre inseguivo i suoi movimenti fluidi, quell'ondeggiare sinuoso del corpo, mentre mostrava l'orgoglio della sua gioventù nelle risacche della consuetudine.
La marea accarezzava i suoi passi, disegnando forme arrese alla volontà delle onde, tutto era in sintonia con la musica del suo corpo, una melodia di radiosa apparenza che sfumava nel sapore amaro della salsedine.
Fermai una poesia nella creatività della mia mente, fragile come un attimo avvolto dalla nudità dell'oggi, e umile come uno sguardo che non chiede nulla e dona amore. Fu tutto rapido, come un sogno che si sbriciola alla luce dell'aurora. La vidi allontanarsi sempre più, fino a diventare ricordo, un frangente di dolcezza ricamato alla meraviglia della vita.






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giovedì 16 febbraio 2012

Tracce di saggezza.

Nella vita troppo spesso pensiamo ai lati negativi delle cose, ogni volta che ci capita una disavventura pensiamo che debba capitarci solo a noi, ma non consideriamo gli aspetti positivi che questa cosa potrebbe comportare.

La differenza fra il depresso, che in genere si piange addosso di continuo, e l'ottimista, consiste proprio nel cogliere questi cenni di saggezza che ognuno di noi può cogliere nel cammino della sua vita.

Ricordatevi sempre che la vostra mente è il controllo su tutto ciò che fate o pensate, e anche su tutto ciò che vi potrà capitare. Se volete ottenere veramente una cosa l'otterrete, ma non pensiate che sia facile, ogni risultato richiede determinazione e coraggio, e voi l'avete.
Non ci credete? Provate a pensare ad una cosa che vi piacerebbe conquistare, dopo che l'avrete visualizzata nella vostra mente, concentratevi su di essa, e fate in modo che ogni azione vi porti verso la sua direzione.
Non arrendetevi alle prime difficoltà, nulla va bene alla prima, soltanto i veri saggi capiscono l'importanza di attendere l'esito degli eventi.
Guardate lontano, i veri traguardi non li raggiungerete domani, ma nel vostro avvenire.

Ed ora vestitevi di sole e andate incontro al vostro futuro...



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lunedì 6 febbraio 2012

Sul nascere di un amore.


L'inverno urlava la sua presenza, stringeva in un abbraccio di gelo ogni cosa, tutto sembrava sospeso in un silenzio irreale, anche i passi si perdevano prima di diventare orme fra ricordi di vento.
Era una fredda mattina di febbraio, Marcello era appena arrivato sull'arenile, le vecchie case affaciate sulla baia sapevano di pane e caffelatte, mentre i suoi passi affondavano nella neve fresca caduta nella notte. Nella giovinezza dei suoi 18 anni era la prima volta che vedeva quel borgo marinaro ammantato di neve, le sue emozioni si confondevano con lo stupore, mentre osservava stupefatto tutto ciò che lo circondava. Ogni cosa, ogni barca, era come rinata dinanzi ai suoi occhi, il paesaggio pittorico che profumava di salsedine ora si colmava di nuovi profumi, attraverso emozioni che si formavano al trascorrer dei minuti. 
Si stava dirigendo verso la scogliera per osservare il borgo, quando scorse una ragazza, candida come la neve che si scioglieva sotto i suoi passi, salire sul molo. Aveva una piccola macchina fotografica in mano, e un sorriso che non scorderà più, come quel mattino di luce e incanto. Si avvicinò timidamente a lei, facendo finta di niente, tutto sembrava irreale, e forse lo era. Lei si voltò curiosa, notò il timido ragazzo al suo fianco, e con un gesto spontaneo e immediato si rivolse a lui.
"Capiti giusto bene, mi faresti una foto con lo sfondo del paese?" le chiese con voce decisa.
Lui arrossì, poi con fare sorpreso si fece coraggio.
"Ma certo, come la vuoi?"
"Vieni di qua, la vedi quella casa, ecco, voglio che rimanga a fianco al mio corpo."
Aveva le idee decise, era spontanea e stupenda, un sorso di poesia affacciato sul molo della vita, mentre lui sembrava goffo, impreparato ad affrontare il mare delle sue emozioni. Cominciò a scattarle diverse foto, il suo sorriso era un raggio di sole che scaldava il rossore della timidezza, tutto sfumava dinanzi a lui, che ora vedeva solo lei, come una stella nel buio della notte.
"Fammene ancora qualcuna sulla spiaggia, ti va?" chiese con voce dolce e cristallina.
"Ma certo, sei così bella che non smetterei di guardarti." rispose lui senza pensare a cosa stesse dicendo.
Lei sorrise, ringraziandolo per il complimento. Scesero sulla spiaggia innevata, giocando ad imitare delle pose da divi, il silenzio attorno a loro era rotto solo dalla risacca lieve del mare, e dai clic della macchina digitale che segnavano gli attimi del loro incontro.
La mattinata trascorse in fretta, si sedettero su un muretto per guardare le foto appena fatte, e fu in quell'attimo che scatto qualcosa di magico, qualcosa di unico, come quel giorno di neve. Il profumo del suo corpo penetrò nella sua mente, si fissarono negli occhi, i loro sorrisi sapevano di mare, tutto era un sogno, 
stentava a crederci, ma per la prima volta le sue labbra sfiorarono un volto di donna. Il gelo dell'insicurezza si sciolse sotto i raggi di una passione che mutava a poco a poco. Cominciarono ad abbracciarsi, anche il freddo spariva intorno a loro, come i contorni sfumati di un paesaggio che dipingeva il nascere di una parola nuova, una parola trattenuta nella speranza di un attimo, oltre l'orizzonte di un sogno che prendeva forma come una sillaba di dolcezza nell'atrio del cuore.
Marcello quel giorno scopri cosa vuol dire amore.






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domenica 29 gennaio 2012

Un incontro d'inverno


I suoi passi tremavano, erano foglie sgualcite che fuggivano dalla loro dimora, vacillando sotto instabili gambe consumate dal percorso degli anni. Irina era un'anziana come tante, stretta nel calvario della sua saggezza, fuggita da guerre e carestie, ed ora fragile, come una stagione che saluta il calendario dei suoi giorni. Nel paese tutti la conoscevano, per quella semplicità che faceva di lei una persona diversa, per quell'ovvietà dipinta sul fianco dei suoi anni, mentre accompagnava con un sorriso il passante occasionale.
Quel giorno di gennaio il gelo era intenso, i camini delle vecchie case fumavano come tizzoni ardenti, unsilenzio di neve accompagnava  il sordo trascorrere delle ore, tutto era immobile, fermo in un'attesa che non conosceva risposte.
Un bimbo col suo nonno scendeva gli scalini della vecchia piazza, i loro volti sembravano guardare oltre le montagne, scolpiti in un inchino di gelo, mentre il tempo fuggiva, fra lacrime d'umiltà e sorsi di coraggio. Attimi che s'incrociavano all'indirizzo di uno sguardo, poi un tonfo, sordo, attutito dal soffice tappeto di neve, e la voce del bimbo, prima timida, poi coraggiosa, un urlo d'aiuto che scuoteva il sipario dell'inverno.
Irina sentì quelle voci, sebbene il suo udito tradisse la verità dei suoi occhi, si voltò d'istinto e vide laggiù, in fondo alla scalinata, quell'uomo anziano steso a terra, col suo bimbo accanto che cercava di alzarlo. Si diresse verso loro, le sue gambe sembravano riprendere forza, non sentii neppure le fitte lancinanti della schiena e il tremore costante dei suoi arti. In pochi minuti fu da loro, cercò un appiglio per non cadere a sua volta e con uno slancio senza esitare si apprestò a soccorrere l'anziano. Il dolore era forte, lo capii dalle sue urla, e dalle sue smorfie, attutite dall'orgoglio, non c'era tempo da perdere, bisognava chiamare  soccorso.
"Come ti chiami?" disse rivolgendosi al bimbo.
"Marco" rispose lui ancora incredulo per l'accaduto e timido negli occhi.
"Marco vai a chiamare aiuto, sto io col tuo nonno, fai presto."
Mentre il bimbo correva in cerca d'aiuto, Irina cercava di consolare quell'uomo dolorante. Lo fece appoggiare a lei, erano quasi abbracciati su quella distesa di neve, i loro occhi s'incrociarono più volte, sembravano conoscersi da tempo, tutto appariva irreale, come quella solitudine di gennaio che rubava una poesia di neve al declinar dei ricordi. Lo strinse a se per scaldarlo, i loro brividi si fondevano come cristalli di ghiaccio al levar del sole, mentre il grigio dell'inverno occultava la bellezza dei colori. La piazza era vuota, una solitudine che recava inquietudine, eppure in quell'attimo sentirono calore, era quell'amicizia nata per caso, un soffice appoggio d'umiltà che fuggiva dal canto dell'ipocrisia, quella di una vita trattenuta fra orli d'incomprensione e pagine di dolore.
La sirena dell'ambulanza colmò il riposo della natura, il bimbo arrivò di corsa, ringraziò quella buona signora che era stata lì col suo nonno, ma lei non si sentiva speciale, aveva fatto quello che il suo cuore le aveva dettato.
L'anziano uomo fu sdraiato sulla barella, si voltò verso quella donna sconosciuta, avrebbe voluto dirle molte cose, ma le smorfie di dolore impedivano alla sua lingua di parlare. Lei accompagnò i suoi occhi, e prima di salutarlo gli disse:
"Sta tranquillo, Irina ti dice che guarirai presto."
Un nome che rimase nei suoi ricordi, come una stagione di gelo al capolinea della saggezza.




lunedì 16 gennaio 2012

La vita è una bolla di sapone.



La vita è una bolla di sapone, fragile come un soffio di vento, delicata come un dipinto di colori che scompare al mutar della luce.
La osserviamo con due volti, da una parte l'innocenza dell'infanzia, delicata e piena di aspettative, dall'altra la saggezza della razionalità, quella che ci fa vedere il nostro oggi attraverso le tracce della speranza, effimera e lucente, come un battito d'ali che attende un sorriso per diventare vita.......






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